giovedì 10 luglio 2014

Parchè volo

Da:

 
Fiorenzo Ambrogio

“Con le ali dell’aurora volerò verso il sole”

Grafica Elettronica




«Trascorro più di 40 giorni all’anno seduto al volante di un auto, cioè quasi 1.000 ore.

Se mi chiedessero di raccontare un momento da ricordare di tutto questo tempo, non saprei cosa rispondere. Potrei forse parlare di un tratto notturno senza traffico dove è possibile godere di una strada secondaria, ascoltando buona musica, però nulla di più. Tutto il resto è noiosa routine: autostrade, caselli autostradali, stazioni di servizio.

In un veicolo, il conducente passa la maggior parte del suo tempo evitando auto che sembrano ignorare l’uso delle frecce di direzione o a tenere gli occhi ben aperti per evitare di cadere nei tranelli codardi degli autovelox o delle auto mimetizzate.

Volare è diverso.

«Un chilometro di strada non conduce in nessun posto, mentre un chilometro di pista di decollo ti porta in qualsiasi posto del mondo».

Uno dei luoghi comuni più veritieri sul volo avvalora l’arte di volare. 

Percorri i cieli infiniti, godi di ciò a cui aspira ogni essere umano: la libertà in senso trascendentale.

Ogni volta che l’aereo si alza in volo, si spalanca un mondo nuovo, differente. Paesaggi, condizioni meteo, sensazioni, sempre mutevoli, che ci allontanano dalla routine quotidiana per trasportarci, come per incanto, in una terza dimensione.

Il cielo, così come l’alta montagna, non costituiscono gli ambienti naturali dell’uomo.

Da questa verità nasce la condizione imprescindibile per praticare la disciplina aeronautica: un enorme rispetto.

Certo è che esistono situazioni in cui, come recita il proverbio (cinese, dicono, come no): «Un pilota preferisce essere a terra e desiderare di volare, piuttosto che volare desiderando di essere a terra». Questa è solo un’altra regola del gioco.

Volare è pericoloso? Una certa sottocultura, profondamente radicata nei paesi latini, come la Spagna e l’Italia, in contrapposizione con la cultura più pragmatica dei paesi anglosassoni, è arrivata a considerare l’aviazione come intrinsecamente pericolosa.

Ma pochi sanno che questa credenza non trova fondamento in nessun dato oggettivo. Infatti, le statistiche considerano volare il mezzo di trasporto più sicuro.

Noi piloti ci difendiamo affermando che il tratto più pericoloso del volo è il tragitto in auto da casa all’aeroporto.

È chiaro che volare è un’attività che sicuramente comporta dei rischi e che volare, in fondo, è una questione di risk management, vale a dire, di gestione del rischio; di gestione dei tre pilastri del volo: il pilota, l’aereo e l’ambiente.

In primo luogo, il pilota. Essere in forma, essere addestrati aeronauticamente e conoscere i propri limiti.

In secondo luogo, l’aereo. Disporre di un aereo in buone condizioni e conoscerlo a fondo. Non possono esserci segreti, non c’è spazio per le sorprese, per questa ragione è necessario sapere a che servono e come si usano tutti i vari comandi, apparati e le strumentazioni che sono a bordo.

Infine, si deve conoscere l’intorno: la meteorologia, le nubi, i venti, le turbolenze ed il «traffico», vale a dire, gli altri aerei che occupano lo stesso spazio aereo in un preciso momento.

Per quanto riguarda la sicurezza, se paragoniamo l’aereo con altri mezzi di trasporto come le auto o le moto, constatiamo che in quest’ultimo caso dipendiamo, e molto, dagli altri. A nulla serve guidare bene se uno sconosciuto invade la tua carreggiata e ti riduce in un ammasso di ferraglia.

Per fortuna, nel cielo dipendiamo solo da noi stessi e da come agiamo.

Sono determinanti la fiducia che il pilota ripone in se stesso e la fede che ha nell’aereo che pilota.

Un’ultima considerazione riguarda la credenza secondo cui non volare rappresenti un’assicurazione per la vita. Non è così. La maggior parte degli incidenti avvengono nei luoghi più assurdi, come in cucina o nel bagno di casa.

Dunque, la questione è: come iniziarsi a questattività così inusuale?

E mi chiedo, perché iniziai a volare?

Non lo so. Fino a 18 anni mai avevo pensato a tale passione. Non sono il classico pilota che da piccolo giocava con gli aerei e desiderava diventare un aviatore. Niente di tutto ciò. Fu tutto assolutamente casuale, come le cose migliori della vita.

A metà degli anni Settanta, viaggiavo in macchina con mio zio Michele lungo un’autostrada del Belgio. Passò un aereo leggero sulle nostre teste e senza dargli peso mi domandò: Perché non prendi la licenza di volo? La domanda mi lasciò impietrito, riuscii forse a rispondere con un monosillabo.

Alla fine, dopo pochi giorni, mi iscrissi all’aeroclub di Anversa. Per non correre il rischio che mio zio cambiasse idea, scelsi di seguire le prime lezioni senza dirgli nulla, limitandomi a consegnar-gli la fattura alla fine del mese ...

La vicenda andò in porto e il 7 agosto del 1976 ebbe inizio la lunga avventura che avrebbe accompagnato tutte le fasi della mia vita.

Da allora ho volato in cinque continenti, ho pilotato più di 50 aerei e superato circa 60 esami teorici, pratici e check (test annuali per rinnovare la licenza di volo).

Ogni volo mi entusiasma più del precedente, e mai è diminuita la passione che sento per il volo.

Volare è in fondo una delle strade possibili per la ricerca della felicità.

La felicità, insieme alla libertà personale, definiscono l’essenza dell’essere umano.

Essenzialmente, la libertà e l’anelito al raggiungimento della felicità ci differenziano dagli animali e si offrono come i massimi obiettivi dell’uomo su questa terra».

 


1 commento:

  1. Il vostro amore per il volo è lIunione dell' anima, con il mondo visivo dall' alto che carica il senso della vita .Catapultando anche chi desidera volare .
    N

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